Per convenzione, secondo le normative nazionali, sono considerate acque di prima pioggia, i primi 5 mm di acqua caduta su ogni metro quadro di superficie impermeabile (dotata di un sistema di drenaggio) durante un evento meteorico. Per il calcolo delle portate viene stabilito che questo volume d’acqua venga raggiunto durante i primi 15 minuti della precipitazione.
A seguito dello sviluppo urbanistico si è verificato un aumento crescente delle aree impermeabili, soprattutto destinate ad utilizzi a scopo produttivo, commerciale o residenziale.
A causa di questo fenomeno, sono state adottate delle normative che obbligano ad accumulare le acque di prima pioggia, raccolte su tutte queste superfici impermeabili e di trattarle prima della loro immissione nei corsi d’acqua o nelle fognature, al fine di rimuovere sabbie, terricci, idrocarburi, residui oleosi, e altri residui di materiali di consumo, come per esempio le particelle di gomma provenienti dagli pneumatici dei veicoli, e altre particelle provenienti dalle parti di consumo, ecc.
Coefficienti per il calcolo dell’afflusso alla rete di raccolta in base alla tipologia di superficie:
Coefficiente di afflusso | Superficie |
1 | Superfici completamente impermeabili |
0,8 | Cemento o ardesia |
0,3 | Ghiaia |
0,3 | Stabilizzato |
L’articolo n. 113 del d.lgs. n. 152/2006 recita:
“Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le Regioni, previo parere del Ministero dell’ambiente e della tutela dei territori, disciplinano e attuano:
- a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento, provenienti da reti fognarie separate;
- b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione.”
Ai fini della loro regimentazione, devono esser considerate anche le acque di seconda pioggia. Esse vengono identificate come le acque meteoriche di dilavamento, provenienti dalla superficie di scolo che viene servita dal sistema di drenaggio e avviate ad essere immesse nel corpo recettore nei tempi successivi ai 15 minuti definiti per le acque di prima pioggia.
Nella maggioranza dei casi le acque di seconda pioggia vengono ritenute non più contaminate e scaricate direttamente senza alcun trattamento.
Per quanto riguarda il dilavamento delle superfici scoperte, in relazione alle attività che su queste vengono svolte o in base agli usi previsti, la raccolta e trattamento non si esauriscono con le acque di prima pioggia ma è necessario protrarle per tutto l’arco della durata degli eventi piovosi.
In linea generale tali condizioni si realizzano quando non sono state adottate le misure atte ad evitare/contenere, durante il periodo di pioggia, il dilavamento delle zone nelle quali si svolgano fasi di lavorazione o attività di deposito/stoccaggio di materie prime/scarti o rifiuti.
A titolo esemplificativo rientrano in questo ambito particolari lavorazioni che per loro natura non possono essere svolte di norma in ambienti chiusi o per le quali non è fattibile realizzare interventi di protezione dalle acque di pioggia, ovvero le operazioni per loro natura tipicamente “sporcanti”.
Per approfondimenti invitiamo a consultare la nostra “Guida alla progettazione” alle sezioni:
Riteniamo utile riportare le linee guida per il trattamento delle acque di prima pioggia redatto dall’Arpa Emilia Romagna: